ERDOGAN, PER CHI SUONA LA CAMPANA?
Domenica 1 novembre si svolgeranno in Turchia le elezioni più importanti della sua storia, il cui esito è suscettibile di avere forti ricadute nell’ Unione Europea e nello scacchiere siriano. Il premier Recep Tayyp Erdogan “il sultano”, all’ indomani delle elezioni del 7 giugno in cui il suo partito AKP ha perso la maggioranza assoluta in parlamento regalando seggi al partito filocurdo HDP, ha indetto elezioni anticipate portando il suo Paese sull’ orlo della guerra civile, in una crescente strategia della tensione, tra violazione dei diritti umani, attacchi nei confronti dei curdi, ambiguità nei confronti dell’ Isis, aggressioni nei confronti di giornalisti non allineati, culminata nel gravissimo attentato di Ankara del 10 ottobre scorso durante una manifestazione pacifista, costato la vita a 105 vittime innocenti.
Eppure Erdogan era un tempo ammirato e corteggiato da Europa e Stati Uniti, sia per la posizione strategica della Turchia che per la sua capacità di coniugare Islam e democrazia in un un modello capace di convivere accanto alle democrazie occidentali, in un rapporto alla pari, da suggellare con l’ ingresso nell’ Unione Europea. Altri tempi. Erdogan costituisce attualmente il maggior fattore di instabilità per la Turchia e per il conflitto siriano, e ciò preoccupa non poco i suoi alleati occidentali. Staremo a vedere se i cittadini turchi premieranno “il sultano” per la sua infausta svolta autoritaria. La campana ha già iniziato a suonare.