IL CORAGGIO DI FARKHUNDA
Farkhunda, la ragazza afghana di 27 anni linciata e poi bruciata il 20 marzo scorso vicino ad una moschea di Kabul da una folla inferocita che la accusava ingiustamente di avere oltraggiato copie del Corano, era una donna di coraggio. Aveva sfidato alcuni mullah custodi di un santuario perché, con una pratica contraria ai principi dell’ Islam, vendevano amuleti e talismani islamici che spacciavano per miracolosi ricavandone ogni giorno migliaia di rupie, con una denuncia tesa a salvaguardare la purezza della fede islamica ed il suo più autentico insegnamento. Aveva osato sfidare da sola, lei donna, gli uomini dell’ Afghanistan. E per il suo coraggio è stata ingiustamente accusata di apostasia da uno degli assistenti del santuario, Zain-ul-Din, che preoccupato per il suo commercio, le ha aizzato contro la folla incolpandola falsamente di aver bruciato il Corano. “Farkhunda era una vera musulmana, un’eroina religiosa”, ha dichiarato Shahla Farid, docente di legge dell’Università di Kabul, “ha pagato con la vita per aver sfidato un uomo e difeso l’ Islam”. Ma il coraggio di Farkhunda è anche il coraggio delle donne afghane, che rompendo una consuetudine consolidata, hanno portato sulle loro spalle il feretro della ragazza.
I colpevoli, garantiscono le autorità afghane, sono stati assicurati alla giustizia, ed è stata istituita una Commissione d’ Inchiesta, ma perché il coraggio ed il sacrificio di Farkhunda non siano vane, chiediamo al Ministro degli Affari Religiosi della Repubblica Islamica dell’ Afghanistan di vigilare affinchè cessino le pratiche mercantili dei ciarlatani in nome dell’ Islam, vietando il commercio di amuleti magici nei santuari e nei dintorni delle moschee, garantendo il corretto insegnamento della fede islamica. Per Farkhunda, non vittima ma martire dell’ Islam.